lunedì 18 aprile 2016

Referendum sì, referendum no

di Filomena Baratto

Vico Equense - Il referendum è uno strumento di espressione del popolo per riportare il suo pensiero in proposito a qualcosa, dal latino “refero, refers, retuli, relatum, referre”, appunto riferire. Così come sono indetti, a volte, vengono anche boicottati, facendoli diventare espressione politica dei vertici e non di un popolo che eserciti il suo potere ed esprima il suo pensiero. Ma dopo averci messo tanto per capire l’importanza di un referendum, appena lo abbiamo fatto nostro, ci hanno detto che forse non serve a molto. Sono tante le motivazioni per cui questo mezzo, che ha tutte le parvenze per essere democratico, abbia poche possibilità di sopravvivenza, se non ce ne appropriamo di nuovo. I motivi? Primo, chiunque può indire un referendum con 500 mila firme sia per un nobile motivo che per la più strana delle trovate, così come recita l’art.50 della Costituzione; per qualsiasi tipo di richiesta, una volta approvata, si mette in moto una macchina burocratica incredibile, con un dispendio di energie e mezzi notevole; il cittadino è chiamato a votare, comunque, sia che si tratti di dare asilo alle foche, che ritirare armi, o non mangiare più polli… Una volta chiamato, il popolo deve rispondere. Fa parte del cittadino, e prima ancora dell’uomo, partecipare alla vita politica. Esprimere un giudizio non pregiudica nulla, ma ci rende attivi e presenti nella nostra vita. Così dopo decenni di educazione civica, e a questo punto mi chiedo a cosa servono tutti i progetti scolastici che si fanno in proposito se poi nella vita reale pratichiamo il contrario, vediamo sfumare i principi del buon cittadino.
 
Tutto questo con l’aggravante che anche il presidente del Consiglio invita a non votare, così come l’ex presidente della Repubblica. Abbiamo il diritto di votare e non usare il referendum come strumento per contrastare, altrimenti sarebbe un modo improprio di usufruirne. Chi non va a votare, invece, costituisce una parte marcia del sistema che ha l’abitudine, tutta italiana, di delegare, o mandare avanti altri a perorare le cause, credendo di non metterci la faccia o di sembrare più furbo. La politica esige partecipazione e messa in gioco. Nessuno può e deve delegare nessuno, ma esprimersi in prima persona, assumendosi ogni responsabilità di quello che fa. Ed è proprio il senso del dovere e di responsabilità che manca per acquisire l’ impegno nella politica di oggi. Mi chiedo che valore abbia tutto ciò che si impartisce a scuola in riferimento all’educazione civica e convivenza civile e tutti i progetti che si fanno a suo nome se poi in realtà accade l’esatto contrario? . Cosa spiegare ai ragazzi, quale esempio dare loro, se non che hanno avuto 4 giorni di vacanza per permettere un referendum che invece è stato boicottato a cominciare dai vertici dello Stato? Un’incongruenza di pensiero e di azione che non aiuta né a imparare né ad agire. Allora, stando così le cose, alle prossime elezioni, così come hanno agito coloro che hanno boicottato il referendum, bisognerebbe continuare ad essere coerenti in tal senso e rendere le votazioni altro strumento di contrasto e non votare. E questo è diventato un nostro costume perché replicato in più luoghi. Così si agisce in Parlamento, quando non si ha voglia di legiferare su quello che è all’ordine del giorno, così si agisce in un consiglio comunale e in tante altre sedi di lavoro. La politica oggi si basa su questo modo approssimativo e distorto di intendere l’educazione civica. Per questo in Italia non si investe nell’istruzione tanto ci si comporta sempre in base a quello che fa più comodo e all’occorrenza. Creare delle basi valide e durature non è nell’interesse di nessuno, in quanto interessa il vento che tira al momento e, in base ad esso, si preparano le offensive. Ci si mostra diseducativi e inefficienti, poco credibili e si pensa che la politica sia temporeggiare, attendere, prevaricare, usufruire e non agire, mettersi in gioco, partecipare… Trivelle o caramelle, navi o gru, il popolo chiamato a votare deve rispondere. Quello che risponde è affar suo, ma smettiamola di fare sempre come le tre scimmie che non vedono, non parlano e non sentono, ma poi agiscono e in modo inopportuno.

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