domenica 7 febbraio 2016

L’ hashtag, la propaganda politica che mia mamma non capisce

Vico Equense - Un tempo erano gli slogan a dominare la politica. Frasi a effetto stampate su manifesti e volantini. Gridate ai comizi. Tempi andati: nell’era di internet, la politica si fa a colpi di hashtag. Una moda? Una necessità? O forse c’è qualcosa di più? Lo spunto di riflessione me lo offre Aldo Starace, che in una lettera pubblicata sul settimanale Agorà, sostiene che non basta un hashtag per convincere l’opinione pubblica. E devo ammettere che non tiene tutti i torti. Ciò nonostante la politica ai tempi dei social si fa anche così: a colpi di hashtag. Ho provato a spiegare a mia mamma che il mondo sta cambiando, che ora basta un telefonino (da lei considerato ancora uno strumento per telefonare) per interagire, per dare e per ricevere notizie. Non penso di averla convinta e non posso fargliene una colpa. Gli hashtag, resi popolari da Twitter, sono parole “calde” precedute dal simbolo # (cancelletto), e permettono di riunire le persone attorno ad un argomento di discussione del quale è possibile misurarne, in tempo reale, la popolarità. Per fare un esempio pratico di hashtag, prendete una cena tra amici, a un tratto qualcuno inizia a parlare di un argomento (la politica a Vico Equense) e tutti intervengono: ecco l’argomento “la politica a Vico Equense” è l’hashtag, se fosse stato su un social network si sarebbe scritto #politicaavicoequense. Riepilogando è un semplice modo per far sapere a due persone che non si conoscono che in quel momento stanno parlando dello stesso argomento, offrendo loro la possibilità di interagire. C'è però anche da dire, che le potenzialità di internet possono escludere una parte consistente di popolazione, quella più anziana e meno avvezza all'uso del Pc e della rete.

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