giovedì 21 maggio 2015

Diffamazione e carcere

Da due anni il Parlamento non abolisce una vergogna

Nel 2013 Giorgio Mule, m qualità di direttore responsabile di Panorama, è stato condannato in primo grado a un totale di 16 mesi di reclusione (senza condizionale) per l'omesso controllo su due presunte diffamazioni. Da due anni, sollecitato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, dall'Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa e dalle Nazioni Unite, il Parlamento discute una riforma che cancella le pene detentive dai reati di stampa. La nuova legge, però, ancora tarda a venire. Per questo Mule, ascoltato mercoledì 20 maggio dalla commissione Giustizia della Camera sulla riforma delle intercettazioni, ha parlato anche di diffamazione. Ecco quel che ha detto.

Fonte: Giorgio Mule da Panorama 

Signor presidente, onorevoli rappresentanti della commissione Giustizia della Camera, mi sia consentito di esprimere il mio profondo rammarico nel constatare che, a due anni di distanza dall'avvio dell'esame, l'iter della riforma del reato di diffamazione non si è ancora concluso. Ne pare sia destinato a concludersi rapidamente, dal momento che la Camera sembra oriéntala ad apporre ulteriori modifiche alla legge precedentemente approvata, che quindi dovrà tornare al Senato. A seguito dell'approvazione della legge in prima lettura alla Camera sospesi la mia intenzione di non presentare appello avverso due sentenze di condanna al carcere senza condizionale per complessivi 16 mesi di reclusione: non già per il reato di diffamazione ma per quello di omesso controllo nella mia qualità di direttore responsabile.
 
La legge, infatti, cancellava la prognosi della detenzione sostituendola con le multe. Mi illusi, è oggi il caso di dire, che la legge potesse approdare a una rapida approvazione. Così non è stato e, in questi due anni, nuovi pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno condannato l'Italia per non essersi ancora dotata di uno strumento legislativo in materia di diffamazione che lo uniformi ai parametri della civiltà moderna. A causa delle condanne al carcere (ribadisco: senza sospensione condizionale della pena), seppur non ancora definitive, mi vengono inflitte umiliazioni nella mia vita quotidiana che patisco nel silenzio essendo intimamente convinto che la forza della dignità e delle mie ragioni prevale oggi e prevarrà sempre sugli abusi del diritto e le storture della legge. Vi esorto a fare presto e procedere a una rapidissima approvazione della legge affinchè non si consumi a causa della cronica lentezza del Parlamento l'ennesima tragedia del diritto, esponendo l'Italia al dileggio internazionale. Sia chiaro: dalle vostre azioni non dipende il destino di un uomo e di un giornalista, che comunque rimarrà libero perché nessuna cella riuscirà a ingabbiare le sue idee, ma la libertà di ogni cittadino italiano di poter esprimere su un giornale la sua opinione e di un giornalista di raccontare i fatti.

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