venerdì 10 aprile 2015

Non votate quei candidati

La frode dei sindaci 

di Luigi Labruna da Il Corriere del Mezzogiorno 

Sono pubblici ufficiali. Hanno giurato di «osservare lealmente» la legge e la frodano. Per di più, vantandosene pubblicamente. E c'è chi ammira (e sfrutta) la loro «furbizia». Mentre i partiti, che dicono di difendere la legalità, hanno garanti «specchiati», propongono maggiori pene, nuovi reati e alte autorità, li assecondano. Se li disputano. Promettono loro posti e prebende purché portino voti (che mai olent). Parlo dei sindaci che vogliono candidarsi alle regionali e non lo possono fare se non «dimettendosi». In tal caso, verrebbero sostituiti da commissari mentre giunte e consigli sarebbero sciolti. E, così, addio affari, partecipate e cuccagne varie. Per evitarlo, i furbastri non si fanno scrupolo di agire in frode alla legge. Provocano artificiosamente un contenzioso con il proprio comune e così, su istanza provocata di qualsiasi elettore, di chiunque abbia interesse o del prefetto, vengono dal tribunale civile dichiarati «decaduti per incompatibilità dalla carica». L'incompatibilità (questo il trucco) non provoca gli effetti delle dimissioni. I sindaci vengono sostituiti dai vice, giunte e consigli restano in piedi e salute a noi. Lo ha fatto da ultimo, per candidarsi con Forza Italia, il sindaco di Vico Equense, Cinque, presentando ad hoc ricorso al Tar contro una ordinanza di demolizione di un vano abusivo emanata dall'ufficio tecnico comunale.
 
Lo ha preceduto il suo collega pd di Agropoli, Alfieri, parcheggiando volutamente in divieto di sosta e impugnando la multa («eviteremo così il commissariamento e mi succederà il vicesindaco», ha dichiarato senza arrossire). Lo stesso hanno fatto il sindaco di Sant'Egidio, Carpentieri (multa di 40 euro, sempre per divieto di sosta, impugnata) e quello di Giffoni, Russomando, che ha citato il suo stesso comune per danni subiti da un veicolo di sua proprietà e ha avuto anche lui il coraggio di dire ufficialmente ai consiglieri felici per aver salvato la poltrona: «una norma mi costringe (?!) ad utilizzare un percorso alternativo (sic!) per candidarmi evitando il commissariamento». I rimedi sicuri ci sarebbero. Basterebbe che i partiti non li candidassero e gli elettori non li votassero. Ma, nella tragica temperie etica e politica in cui viviamo e con i partiti imbelli e arroganti che ci ritroviamo, chi può sperarci? Con qualche audacia, si potrebbe forse opporre sagacia a furbizia e ricorrere correttamente alle stesse norme fraudolentemente utilizzate dai sindaci. Intervenendo nelle liti pendenti e ricorrendo in appello (trattandosi di «azione popolare» può farlo chiunque) contro l'ordinanza di decadenza del tribunale, invocando a ragione la confessione del sindaco di aver compiuto un'«azione sviata». Ci sono giudici coraggiosi anche in Campania.

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