giovedì 9 aprile 2015

Meta. Le due mamme della bimba rapita, rivali ma complici per amore. Volevano evitare l’adozione di un’altra famiglia

Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino 

Meta - L’amore di una madre naturale, l’amore di una madre adottiva. Due donne prima rivali e poi unite dagli stessi sentimenti per quella bambina di quattro anni. Il disagio di un padre beffato e sbeffeggiato dall’esame del Dna: aveva riconosciuto la bambina come sua, ma non è lui ad averle dato la vita. E in casa con lui non poteva più tenerla. Sullo sfondo i magistrati che applicano la legge secondo un rigido protocollo. Così la piccola si è ritrovata da un giorno all’altro, nel luglio scorso, senza famiglia, senza le carezze di una madre sebbene adottiva, di un padre sebbene non più suo. Strappata dalla sua casa e affidata alle cure delle suore della casa famiglia Miriam a Meta. Destinata all’adozione, a un’altra e sconosciuta famiglia. Ed è questo, a sentire l’avvocato sammaritano Renato Iappelli, ad avere spinto le due donne rivali a unirsi, a tentare quel gesto disperato per riavere la piccola. Ha dell’incredibile, dunque, la storia della bambina rapita martedì a Meta mentre era in compagnia di una assistente. Rapitrici inseguite e lei «liberata» dai carabinieri mentre si aggrappava a quelle due donne, le sue mamme, finite in carcere insieme con il compagno della donna romena, colui che dovrebbe essere il vero padre della bimba. Una storia d’altri tempi, semplice e complessa nello stesso tempo. A 48 ore dal folle gesto i contorni della vicenda cominciano ad emergere, con i carabinieri impegnati a dipanare una matassa difficile da sciogliere.
 
Tutto comincia con la nascita della bambina, frutto – almeno così sembrava all’inizio della storia – di una relazione extraconiugale di Francesco, 50 anni, sposato e padre di tre figli a San Marcellino, con una giovane romena. Francesco riconosce la neonata all’anagrafe. «Ma la madre, dopo averla partorita, non la riconosce», spiega l’avvocato Iappelli. La piccola ha ufficialmente soltanto un papà che la porta in casa sua dopo giorni di contrasti con la moglie tradita. Passano tre anni e mezzo. E qui siamo al primo mistero. Qualcuno attiva la procura dei minori: quella bimba vive in una famiglia non sua, con un padre non suo. Scattano le indagini. Ma chi e perché aveva interesse a far scoprire una verità nascosta agli stessi protagonisti? Motivi ereditari? Gelosia in famiglia? Invidie di paese? Chissà. Ma scattano le indagini. Francesco viene interrogato e liberamente sceglie di sottoporsi all’esame del Dna. Fatale per lui l’esito delle analisi: non è sua figlia. Uno choc. Per lui come per la moglie. La bambina una intrusa? «No. È lo stesso nostra», gridano in famiglia Francesco, la moglie, i «fratellastri» che di fatto sono per lei più che fratelli. Ma non basta. La legge, inesorabile, va per la sua strada. In un’alba triste di luglio a casa di Francesco si presentano tre pattuglie della polizia. «Non è tua figlia, non può stare con te, non hai titolo per tenerla», è la sostanza dell’ordinanza notificata a Francesco. La bambina viene trasferita in una casa famiglia, il destino segnato, avviata la procedura di adozione. Madre naturale, che pure ogni tanto la teneva con sé, madre adottiva, padre presunto e fratellastri non possono più vederla. La bimba sarà un’altra, avrà un nome diverso. Ma due madri, una di sangue e l’altra di fatto, possono resistere a un simile dolore? No. Per questo si uniscono e preparano il rapimento. «E questa unione spiega anche perché non può esserci stata compravendita che qualcuno ipotizzava in un primo momento», sottolinea l’avvocato Iappelli. Le due madri mettono a punto il piano. Riescono a scoprire dove sta la piccola. Meta non è lontana da San Marcellino, provincia di Caserta. Insieme, probabilmente, vanno a vedere il posto, a osservare da lontano la piccola, a studiare movimenti e abitudini della casa famiglia Miriam. Ma chi ha rivelato quel luogo che doveva essere segreto? Come hanno fatto a scoprire dove si trovava la bambina? Come facevano a sapere l’orario di uscita della piccola? I carabinieri tenteranno di dare una risposta esaminando le immagini delle telecamere in zona. Di certo le due madri e il padre naturale hanno rischiato grosso pur di riavere la bambina. Dove l’avrebbero nascosta? Cosa le avrebbero detto? Una scena straziante anche per i carabinieri e le assistenti a vedere i rapitori bloccati in autostrada dopo un rischioso inseguimento sulle curve della Sorrentina e la bimba che si aggrappava alle due donne. La piccola ora è sotto choc, sofferente sebbene in buone mani, quelle delle suore e delle assistenti diventate a loro volta madri. Le due donne sono in carcere e domani saranno interrogate in Procura a Torre Annunziata. La Procura, con il pm Sergio Raimondi, fa sapere che chiederà la convalida del fermo per loro e per il padre naturale. Francesco al momento non è neppure indagato per il rapimento, per uno degli altri tre procedimenti in corso dovrà dimostrare di avere preso con sé la bambina convinto che fosse sua.

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