venerdì 11 luglio 2014

Usura e gioco d’azzardo, piaghe in Costiera

Fonte: Carlo Franco da Il Mattino

«Stavo per lasciarci le penne, mi sono salvato e lo rivelo qui per la prima volta, solo perché un attimo prima di arrendermi alle lusinghe che mi avrebbero travolto annullando tutto quello che di buono ho fatto ho pensato al dolore che avrei arrecato a mia moglie e ai miei figli quando avessero saputo che mi ero rivolto agli usurai per completare i lavori di ristrutturazione di un locale che avevo acquistato. Non me lo avrebbero mai perdonato e, per fortuna, l’ho capito in tempo». La confessione choc di Antonio, pasticciere della Costiera sorrentina, che si è fermato sull’orlo del baratro, farà certamente scalpore e, forse, contribuirà in qualche modo ad alimentare la speranza di una reazione più a largo raggio ma, almeno per ora, è solo l’eccezione rispetto alla regola di quanti, a Sorrento e in penisola, finiscono stritolati dall’abbraccio letale degli strozzini. Dopo aver buttato all’aria tutti i santini, ingombranti e fastidiosi. E tutte le prediche. L’usura ha fatto il pieno, gli argini sono saltati e la voglia di risolvere i problemi imposti dalla vita e, soprattutto, di dare un calcio alla malasorte azzeccando la combinazione vincente, è più forte di qualsiasi richiamo alla ragionevolezza. È l’accanimento di un male antico che, nel tempo e per effetto del gioco d’azzardo, ha cambiato pelle e ha determinato metastasi non più curabili. Rispetto al passato, il fenomeno, oggi, ha tutt’altra capacità di far male, non è più solo l’impossibilità di mettere d’accordo il pranzo con la cena a spingere nelle braccia degli strozzini – i sorrentini dai cinquanta in su, ad esempio, ricordano il ghigno «d‘o graunaro», il venditore di carbone usuraio implacabile ma ruspante che, paragonato agli «esattori» di oggi collegati in maniera organica con la criminalità organizzata, si trasfigura e diventa un personaggio perfino accettabile come espressione di un contesto più facile da vivere e di un ambiente meno contaminato – ma sono tante le ragioni che inducono ad arrendersi. Scendendo al dettaglio, l’usura si distingue in palese (quella delle banche, soprattutto le piccole, che passano il limite legale perché non hanno adeguata capacità reattiva) ed occulta ma a far saltare il tappo è stato il demone del gioco.
 
Nell’immaginario onesto, Sorrento è diventata una immensa «lavatrice»: il denaro scorre a fiumi e condiziona il circuito economico. Nelle strade-vetrina i fitti dei locali hanno raggiunto quote da capogiro – fino a 50mila euro al mese – ma le cifre non spaventano, le insegne cambiano in continuazione e, in qualche caso, l’offerta riguarda merci del tutto improponibili che ben difficilmente troveranno acquirenti. Ma questo poco importa: il denaro deve passare di mano perché solo così si «lava» e anche quello sporco diventa pulito. Scendendo più a bassa quota colpisce una cifra scovata nel rapporto annuale della Consulta antiusura: almeno un euro su dieci speso dalle famiglie viene utilizzato per le scommesse. Una enormità, ma gli studiosi hanno messo insieme altri dati raccapriccianti: la fondazione Exodus di Castellammare di Stabia, presieduta dal dottor Daniele Acampora, afferma che su cento richieste di aiuto almeno trenta provengono da vittime dei cravattari. E ci avviamo disinvoltamente al 50% perché in Italia sono almeno ottomila le famiglie che riescono a sopravvivere grazie al sostegno della Fondazione antiusura. Guardiamo ancora in casa nostra: da Castellammare a Capri, passando per Massa Lubrense, Sant’Agata, Torca, Monticchio e i Colli, giocano tutti, il marito, la moglie, i figli, il professionista e il disoccupato, perfino il prete e a Pastena è ancora viva la memoria delle scorribande quotidiane di un buon parroco di campagna che in cinquecento andava a Castellammare per farsi «spellare, come dicono i giocatori, in una agenzia ippica. Ora le cose stanno ben diversamente, la presenza della camorra stabiese, che viene «chiamata» e immediatamente «risponde» quando la vittima non onora le scadenze – gli interessi partono dal 50% e in qualche caso superano il 100% – ha spostato i termini della questione. Siamo in presenza di una vera emergenza educativa, governata dalla camorra. La febbre del gioco, il desiderio smodato di arricchirsi genera il mostro: negli ultimi due anni sono transitati, soltanto attraverso le slot machines, 49 milioni e 700mila euro. Un fiume carico di veleni. Qualche mese fa un parroco giovane e avvertito, don Rito Maresca, ha preso una iniziativa che in altri tempi sarebbe stata giudicata rivoluzionaria ma oggi è solo un tentativo: ha scritto una lettera agli esercenti di Massa rivolgendo loro l’appello a spegnere quelle maledette luci delle slot machines. Il paese ha risposto con una scrollata di spalle e qualcuno ha considerato addirittura una intrusione l’intervento del sacerdote. Per porre un argine a questa valanga che è partita da Castellammare e si è ingrossata lungo i tornanti della costiera, i carabinieri di Piano di Sorrento, su disposizione della Procura di Torre Annunziata, hanno alzato il livello dell’impegno e nei mesi scorsi hanno scalato i piani alti della gerarchia sociale indagando un avvocato trentottenne. Nei giorni scorsi i clienti di un albergo del centro di Sorrento sono stati pregati di lasciare all’alba le camere per consentire una perquisizione minuziosa. Hanno ubbidito inorridendo, come i turisti respinti agli scavi di Pompei. Le intercettazioni effettuate fanno presagire il peggio, ma per uno che resta incappato nella rete cento, mille sfuggono e si offrono come vittime designate. Il valore dei beni finora sequestrati ammonta a 500mila euro, gli indagati sono trenta e siamo alla vigilia i sviluppi clamorosi.

Nessun commento: