martedì 1 luglio 2014

Stalla trasformata in villa. Prescrizione in Appello per l'ex capo dei vigili

Fonte: Metropolis

Vico Equense - Stalla trasformata in villa. Prescrizione in Appello per l'ex capo dei vigli Michele Tatarelli Vico Equense. Prescrizione. E stop, definitivo, a una battaglia legale lunga, durata quasi 10 anni. Che partì quando il Comune di Vico Equense diede il via libera definitivo per ricostruire un manufatto privato il cui iter, secondo la tesi iniziale della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, portò alla violazione della normativa e anche del Piano regolatore generale. Ci fu un’inchiesta che provocò il rinvio a giudizio di quattro imputati, poi condannati in primo grado e che oggi invece incassano la prescrizione dei reati di cui dovevano rispondere. Ovvero abuso d’ufficio e falso. Finisce qui la querelle giudiziaria per Michele Tatarelli, ex comandante dei vigili urbani di Vico Equense, Francesco Saverio Cannavale (all’epoca tecnico comunale), Giuseppe De Simone (proprietario dell’immobile) e Giovanni Starace (geometra incaricato dal privato). L’altro giorno, la terza sezione della Corte d’Appello di Napoli – presidente Giovanna Grasso – ha depositato la sentenza giunta al termine del giudizio di secondo grado. Non luogo a procedere nei confronti degli imputati per i reati che, in tal senso, sono stati ritenuti estinti per prescrizione. Tatarelli, in primo grado, fu condannato a un anno e 4 mesi. Pena leggermente più dura per Cannavale, De Simone e Starace (un anno e 6 mesi a testa). Gli imputati, dopo la sentenza giunta ad aprile 2011 al Tribunale di Torre Annunziata, annunciarono immediatamente il ricorso. Nel corso del processo di appello, hanno sempre gridato forte la propria innocenza. Poi la sentenza, con la prescrizione. I fatti per i quali i quattro imputati andarono a processo risalgono addirittura al 2005, quando il Comune di Vico Equense rilasciò una concessione edilizia in sanatoria per l’abbattimento e la ricostruzione di un manufatto a Montechiaro.
 
Quell’immobile destinato a diventare una villetta su tre livelli, con garage, in principio era una porcilaia. La struttura fu sottoposta a sequestro tre anni prima, nel 2002. L’anno successivo venne presentata istanza di sanatoria che, al termine della procedura tecnica, finì sulla scrivania di Tatarelli, che appose anche la sua firma. Secondo i pubblici ministeri emersero presunte omissioni sia nella documentazione presentata dal privato che nell’attività dei pubblici ufficiali. «Il dato certo è che nel momento in cui veniva rilasciata la concessione era intervenuta una norma che non consentiva quell’intervento edilizio» fu il ragionamento in aula del magistrato Antonella Lauri. Secondo il pm di Torre Annunziata spuntò una «difformità del permesso a costruire rispetto al piano regolatore generale. L’immobile, infatti, ricadeva in una zona a tutela ambientale naturale di secondo grado, dove sono consentiti solo la manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro conservativo e il consolidamento delle opere. La demolizione e la ricostruzione del fabbricato rurale, in modo da creare due unità abitative, rappresentava una ristrutturazione edilizia, esclusa da questa classificazione». Al termine del processo, fu pronunciata la condanna di primo grado per i quattro imputati. Poi il processo in Corte d’Appello e la prescrizione per Tatarelli, Cannavale, De Simone e Starace.

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